7 maggio 1880. Lettera: le elezioni politiche del maggio 1880 e il divieto di scrivere durante le feste ebraiche

Percorso: Rabbino Marco Momigliano

Dati:
mittente: Marco Momigliano
destinatario: Salomon Jona, Rabbino Maggiore di Modena
oggetto: Momigliano risponde alla proposta di derogare al divieto di scrivere durante il Sabato ed i giorni di festa in occasione delle elezioni politiche del maggio 1880

La breve minuta è redatta all’interno del quaderno copialettere usato da Momigliano tra il 1870 e 1897, carte 47v-48. Reca la data 7 maggio 1880 ed il titolo «Risposta al quesito di permettere scrivere il nome, per le elezioni dei deputati, nel p.mo giorno di שבועות ».

In risposta ad una circolare del 4 maggio inviata dal Rabbino Maggiore di Modena, Salomon Jona, Momigliano esprime il proprio parere negativo riguardo alla proposta in essa contenuta di permettere agli ebrei italiani di votare in giorno di festa, derogando al divieto di scrivere di Sabato e nei giorni festivi. La questione venne sollevata dal fatto che le elezioni politiche del 1880 sarebbero cadute nel primo giorno di Shavu‘ot. Le ragioni che Momigliano offre sono due. Da un lato, la legge elettorale prevede casi in cui i votanti possano incaricare persona di fiducia che voti al posto loro, qualora essi siano impossibilitati a scrivere «per fisica indisposizione»; per il rabbino di Bologna, dunque, si sarebbe dovuto chiedere se la norma potesse applicarsi anche al caso specifico. Dall’altro, Momigliano sottolinea acutamente come la modifica abbia il duplice inconveniente di incontrare lo sfavore di buona parte degli ortodossi e di interessare solo quei pochi che ancora osservano il precetto.

Emerge qui la posizione conservatrice di Momigliano. L’innovazione risulterebbe, infatti, superflua, a causa dello stato in cui versa l’osservanza dei precetti religiosi: se diffusa è la profanazione del Sabato, tanto più non v’è chi si preoccupi di Shavu‘ot, dunque, la gran parte comunque voterebbe. Anche per questa ragione, Momigliano rigetta la proposta, dal momento che essa avrebbe ottenuto il solo effetto di sancire uno stato di cose già consolidato e non di illuminare la via da percorrere. Cionondimeno, si noti come il rabbino di Bologna, pur rifiutando la proposta, lodi il «provvido pensiero di pensare a provvedere perché gli Israeliti non restano esclusi dal votazione», a testimonianza della forte adesione ebraica alla vita politica del Regno e dell’importanza attribuita all’impegno civico.

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