31 dicembre 1864. Lettera: note su divorzio e matrimonio tra consanguinei del Rabbino E. D. Bachi

Archivio Terracini. Fondo Saluzzo. Università Israelitica di Saluzzo. Culto e Cimiteri. Serie 4, fald. 20, fasc. 26.

Percorso: Rabbino Emilio Donato BachiUniversità Israelitica di Saluzzo

Dati:
mittente: Emilio D. Bachi (rabbino dell’Università Israelitica di Saluzzo)
destinatario: Presidente del Consiglio di Amministrazione di Saluzzo (avv. Emanuel Segre)?
oggetto: osservazioni sui temi del divorzio e matrimonio tra consanguinei

La lettera è redatta su carta intestata a Il Rabbino del [sic] Università Israelitica di Saluzzo e scritta a mano. Reca la data del 31 dicembre 1864; il luogo di composizione è Saluzzo. Sul margine sinistro, nel campo Oggetto, è scritto «Divorzio e matrimonj tra parenti.» È, inoltre, menzionata una lettera ricevuta dal Presidente della Commissione in data 8 dicembre del medesimo anno, di cui la presente è la risposta.
Dopo aver esposto l’oggetto della comunicazione, il rabbino Bachi informa il Presidente di aver già discusso di questi temi con alcuni partecipanti al Congresso, prima che esso avesse luogo. Bachi esprime un parere analogo a quello ratificato dal Consiglio di Saluzzo durante la seduta del 30 settembre 1863:

[…] lo scrivente deve anzitutto esporre come […] secondo lui, né convenevole né dignitoso fosse pegli Israeliti invocare speciali disposizioni a loro riguardo nel codice, destinato a regolare in modo generale, e senza distinzione di culto, la nazione ne’ suoi rapporti civili. Pareva allora allo scrivente, e a lui pare tuttavia, che gl’Israeliti, ammessi testé a fare parte integrante della nazione Italiana, né possano né debbano ragionevolmente chiedere sieno introdotte per essi nella nazionale legislazione delle accezioni, fossero anche a speciale loro vantaggio, salvo il caso, locché certo sarà mai per verificarsi, che una qualche legislativa disposizione tendesse a ledere la loro libertà di coscienza, e si atteggiasse in aperta opposizione dei loro religiosi doveri. […]

Prima di rendere ragione di tale posizione, Bachi rileva come i dibattiti intorno alla questione non si fossero sopiti con la chiusura del Congresso e come le opinioni fossero tutt’altro che concordi. Due fronti si opponevano: da una parte chi avrebbe desiderato mantenere i privilegi a lungo esercitati, dall’altra chi abbracciava l’emancipazione e ne accettava compiutamente le conseguenze sul piano civile e giuridico.
Il rabbino si colloca, pur non esplicitamente, nel secondo campo; egli articola la propria posizione in forma di risposta a due quesiti:

  1. ha il potere legislativo facoltà di legiferare sul matrimonio?
  2. le nuove norme in materia di divorzio ledono la libertà di coscienza degli ebrei, impedendo loro di adempiere un precetto?

Al primo quesito Bachi risponde che non v’è dubbio che il legislatore abbia competenza sul tema, poiché il matrimonio è uno dei pilastri di ogni società civile e come tale non può esser lasciato preda dell’arbitrio.

Quanto al secondo, il rabbino di Saluzzo afferma quanto segue:

[…] Infatti, sebbene il codice Mosaico debba ritenersi di divina rivelazione, appare tuttavia chiaramente che nel regolare […] le condizioni del matrimonio e dell’eventuale suo scioglimento, il legislatore non ebbe in vista che l’ordinamento civile, e l’interdizione di connubj assolutamente immorali. Ammettendo il divorzio non fece che cedere alle condizioni generali de’ tempi e dei vigenti costumi, e ciò è tanto vero che se alcuni dottori talmudici furono forse di viste troppo larghe su tale concessione, altri, e furono certo i più saggi, opinarono non si dovesse accogliere che quale misura estrema, deplorabile sempre, e da ischivarsi con ogni mezzo possibile. […]

Dunque, il divorzio non è un precetto, bensì una concessione sorta in un preciso contesto storico; per sé essa non costituisce alcun vincolo religioso, che possa essere violato. Peraltro, a sostegno della propria tesi Bachi porta alcuni esempi di norme riportate nella Legge non più osservate e del tutto abolite dai dottori, perché giudicate obsolete:

[…] Né varrebbe il dire che concessione fatta dal codice Mosaico è superiore ad ogni umana potestà, avvegnacché questa teorica ci condurrebbe alla poligamia, ci condurrebbe a sanzionare la schiavitù e molte altre cose che, concedute dal legislatore divino ai tempi e alle condizioni sociali allora vigenti, ma non mai imposte, furono più tardi interdette dagli stessi dottori e sia perché non più armonizzanti coi costumi e sia per la loro premura d’inculcare obbedienza e sommessione alle leggi civili allorché né contrariano, né si oppongono alle religiosi. […]

Per tali ragioni – osserva Bachi – gli Israeliti possono, anzi devono far riferimento alle leggi civili dello Stato in materia di divorzio.

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