30 settembre 1863.Verbale di riunione del Consiglio di Amministrazione dell’Università Israelitica di Saluzzo: il Consiglio esamina le deliberazioni del Congresso di Ferrara

Dati:
presenti: Marco Anselmo Segre (presidente), Giacob Salvador Segre (consigliere), avv. Emanuel Segre (consigliere), Isacco Segre (segretario), Rabbino Beniamino Artom
oggetto: discussione delle deliberazioni del Congresso di Ferrara

Il 30 settembre 1863 il Consiglio di Amministrazione dell’Università Israelitica di Saluzzo si riunisce per discutere delle deliberazioni prodotte dall’assemblea del Congresso di Ferrara. L’incontro costituisce la prima riunione ufficiale sul tema in seguito al periodo di vacanza del Consiglio perdurato fino al 21 settembre 1863, come esplicitamente affermato nel verbale. Il nuovo Consiglio è presente al completo ed è composto da Marco Anselmo Segre (presidente), Giacob Salvador Segre (consigliere), avv. Emanuel Segre (consigliere), Isacco Segre (segretario). È menzionata la presenza straordinaria del Rabbino Beniamino Artom.
È confermata l’assenza del rappresentante delegato Marco Anselmo Segre al Congresso, per la quale Giuseppe Levi ed Esdra Pontremoli avevano già espresso i propri timori nella lettera inviata a Saluzzo il 24 aprile 1863. Sono citate «ragioni già adotte colla esposizione da esso [il presidente Marco Anselmo Segre] fatta col citato rendiconto sulle cause che li vietarono suo malgrado d’intervenire a detta riunione qual rappresentante di quest’Università, facendo uso del mandato confertoli dal precedente Consiglio con sua deliberazione del 22 luglio 1862». Ampio spazio è poi dato alle singole deliberazioni.

I

Sull’articolo 2º della discussione

Art. 3º del Programma

A Ferrara l’assemblea delibera di chiedere al governo che il programma d’esame nelle scuole pubbliche preveda anche per gli studenti ebrei una verifica degli studi religiosi. Saluzzo esprime il proprio dissenso:

Il Consiglio è contrario per principj a questa deliberazione, sul riflesso che ripugna adoperare mezzi di esterna coazione per promuovere l’istruzione religiosa, la quale si riferisce ai sentimenti più interni e delicati dell’animo, che tale istruzione è parte della domestica educazione […] e che non è bene che il Governo o l’Autorità municipale s’ingeriscano anche indirettamente in materie attinenti alla religione, essendo che il loro dovere è di fare dei buoni ed intelligenti cittadini e non già dei buoni Cattolici, o Valdesi, od Israeliti […]

Ciononostante, la comunità aderisce alla risoluzione dell’assemblea a condizione che si introduca il limite dei 13 anni di età, oltre i quali l’obbligo di certificare gli studi religiosi decada, nonché un’esenzione per tutti coloro che vivono in luoghi privi di comunità ebraica o di istituzioni per l’insegnamento religioso.

II

Sull’art. 3º della Discussione

5º del Programma

Sulla questione dell’invio diretto delle offerte in Terra Santa e non più tramite i missionari, Saluzzo propone un punto di raccolta gestito dalla commissione nominata dal Congresso.

III

Sull’art. 5º della Discussione

7º del Programma

La proposta di costituire una società che curi la pubblicazione di “«buoni libri israelitici» è accolta con vivo entusiasmo dalla comunità di Saluzzo, che, anzi, ritiene il contributo di 1000 Lire annue stabilito dall’assemblea congressuale insufficiente.

IV

Sull’art. 6º della Discussione

1º del Programma

L’opportunità di richiedere un sussidio statale al culto costituisce la ragione primaria che spinge le comunità a riunirsi in congresso. Degna di nota è l’inequivocabile opposizione di Saluzzo alle deliberazioni relative sancite a Ferrara:

[…] Il Consiglio ritiene fermamente che il Governo non può, né deve sussidiare nessun culto sia dominante o semplicemente tollerato, la protezione che deve accordare a qualsiasi culto riconosciuto è puramente negativo e consiste nel far nulla e nell’impedire che nulla si faccia di ostile o d’irriverente al culto medesimo, oltre un tal limite il Governo agirebbe all’infuori e contro la propria missione. […]

Si lamenta anche che l’assemblea non abbia trattato come da programma la proposta di un sussidio statale o comunale alle scuole elementari ebraiche. Il problema del reperimento di fondi per l’istruzione ebraica riguardava molto da vicino le piccole comunità, che spesso non avevano i mezzi necessari per istituire scuole. Frequentare le elementari pubbliche non era un’opzione, poiché vi s’impartiva anche l’insegnamento della religione cristiana cattolica; da tale circostanza scaturiva la necessità di scuole “israelitiche”.

V

Sull’art. 7º della Discussione

8º del Programma

Riguardo alla nomina, ratificata dall’assemblea, di una commissione esecutiva delle deliberazioni del congresso, Saluzzo osserva solo come lo stanziamento dei fondi (“di comune interesse”) richiesti debba seguire l’istituzione di un “consorzio”, come previsto dall’art. 27 della legge “Rattazzi”. Tuttavia, l’amministrazione della comunità si dichiara pronta in ogni caso a pagare la quota assegnatale.

VI

Sull’art. 11º della Discussione

4º del Programma

Le proposte di emendamenti alla legge “Rattazzi” sono rimandate ad altra sede. Il dibattito sull’estensione della legge a tutte le comunità del Regno e sull’opportunità di emendarla fu molto acceso, poiché da molte parti era forte, con solo apparente paradosso, la renitenza ad accettare sino in fondo le conseguenze dell’uguaglianza civile, come la perdita di parte della propria autonomia amministrativa e di eventuali privilegi acquisiti in epoca pre-emancipatoria.

VII

Sull’art. 12º della Discussione

9º del Programma

Altra questione di rilievo fu quella del divorzio. La probabile estensione agli ebrei italiani del divieto di sciogliere il vincolo matrimoniale, già in vigore per tutti i cattolici, nel nuovo codice civile non era accettata di buon grado in molti settori dell’Ebraismo italiano. Molti auspicavano che si chiedesse al governo una deroga. Il Consiglio di Saluzzo presenta una posizione molto articolata:

Considerando che tanto l’indissolubilità del vincolo coniugale quanto la proibizione del matrimonio fra persone strette in parentela, entro determinati gradi, hanno la loro principale ragione di essere nella fede religiosa della maggioranza degl’Italiani, non essendo i motivi igienici addottati dal congresso di tal peso da giustificare una si grande restrinzione alla libertà individuale
E considerando per altra parte che le discipline religiose Israelitiche che regolano tali materie sono semplicemente permissive e quindi possono essere modificate dalle leggi Civili
Per queste ragioni il consiglio mentre esprime il voto che nel nuovo codice Civile Italiano sia lasciata a tutti i regnicoli la facoltà di divorziare e di unirsi in matrimonio fra persone non legate in parentela per linea retta e nel primo grado della linea collaterale, è d’avviso non s’abbia ad instare per una deroga al diritto comune a favore degli Israeliti, salvo ben inteso, i matrimoni fra cognati nei casi del Levirato, e riconosce la convenienza di una petizione a favore del divorzio e della libertà di matrimonio, oltre gli accennati gradi di parentela, da sottoscriversi dagli Israeliti Italiani nella semplice qualità di cittadini, nella qual petizione si potrebbe anche tener conto delle particolari costumanze e tradizioni Israelitiche. […]

Degno di nota è il tentativo di giungere ad una soluzione di compromesso. Si chiede, infatti, di non procedere nella richiesta di deroghe alla norma vigente ad esclusivo vantaggio degli ebrei, accettando provvisoriamente il divieto. Tuttavia, il percorso non è lineare né privo di ostacoli. Se, infatti, da un lato v’è consapevolezza di come non possa persistere una situazione di disparità tra cittadini, ebrei e non ebrei, d’altro canto si vuol mantenere un’eccezione per i casi di Levirato, sebbene attraverso una semplice petizione da presentare in veste esclusiva di cittadini. Si auspica, dunque, che in futuro il nuovo codice civile estenda la facoltà di divorziare a tutti i sudditi.
Per le altre deliberazioni non esplicitamente trattate il consiglio dichiara “la sua piena e formale adesione”.
Su richiesta della Commissione il Consiglio riporta dati demografici di indubbio interesse sulla comunità di Saluzzo:

  1. 130 maschi
  2. 135 femmine

Il documento conservato in archivio è una “copia conforme” all’originale sottoscritto da tutti i membri del consiglio. Vi è registrata l’affissione del documento alla porta del Tempio in data 10 ottobre 1863. È presente, inoltre, il visto del Sotto-Prefetto in data 16 ottobre 1863.

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