31 maggio 1871. Lettera: Terracini si scaglia contro Bachi sulla nomina a rabbino di Raffaele Treves

Percorso: Rabbino Emilio Donato Bachi

Dati:
mittente: Davide Terracini
destinatario: Moise Segre (fu E. Isacco)
oggetto: Terracini rievoca il caso di Raffaele Treves, nominato rabbino da Emilio D. Bachi, nonostante la sua dubbia statura morale

La minuta è datata 31 maggio 1871 ed è redatta su di un piccolo quaderno. L’occasione è data dalla nascita di un bambino in casa Debenedetti a Saluzzo. Segre deve aver fatto da intermediario tra la famiglia e Terracini, chiedendo al rabbino astigiano di officiare la circoncisione.
Rispondendo all’amico, Terracini coglie l’occasione per raccontare le picaresche vicende della nomina a rabbino di tale Raffaele Treves, astigiano. Il Rabbino Maggiore di Asti offre una descrizione tutt’altro che lusinghiera di un individuo indigente che, oltre ad essersi macchiato diversi anni prima del furto di diversi libri dalla casa di Terracini, in cui attendeva agli studi religiosi per generosa concessione del rabbino, avrebbe poi poco più di un anno prima tentato di comprare dal medesimo il titolo di rabbino tramite un intermediario. Al rifiuto di Terracini, Treves era scomparso per ricomparire poco dopo a Saluzzo, condurvi gli studi religiosi in tempi straordinariamente brevi e con altrettanto eccezionale profitto ed ottenerne il diploma rabbinico. A conferire il titolo era stato Emilio Donato Bachi, allora rabbino di Saluzzo. Nella lettera Terracini lo deride violentemente definendolo «il gran fabbricante consacratore dei Rabbini» e rimproverandogli la leggerezza e la negligenza dimostrate nel lasciarsi raggirare da un individuo, il cui passato era tristemente noto in Asti e, particolarmente, al Terracini stesso.
Del tutto incidentalmente l’autore menziona un episodio relativo a Bachi, che mette in luce un aspetto particolare del suo ministero a Saluzzo. Egli consultò Terracini sulla liceità di porre busti o effigi nei sepolcri, in seguito alla richiesta di alcuni membri della comunità. Questi ultimi avevano legittimato la propria richiesta sulla base del fatto che alcuni correligionari astigiani affermavano che la pratica era permessa dal loro rabbino. Veniamo a sapere da Terracini che non solo Bachi aveva comunque rifiutato la propria approvazione alla pratica, ma che lo stesso Rabbino Maggiore di Asti concordava con la decisione di Bachi e lamentava il fatto che i suoi fedeli avessero abusato della sua buona fede e diffuso una pratica da lui disapprovata e ad altri vietata. Tuttavia lo sdegno generato in lui dal “caso Treves” lo aveva indotto a non rispondere a Bachi sulla questione delle effigi, per evitare di cedere all’uso di un linguaggio inappropriato.

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